Cuccuru Is Arrius


Cuccuru is Arrius costituiva una lieve emergenza arenacea, di formazione quaternaria, posta sulla sponda meridionale dello Stagno di Cabras,oggi pressoché totalmente asportata in seguito alla realizzazione del canale scolmatore che funge da raccordo tra lo stagno e il golfo di Oristano. L’uomo vi si insediò a partire dal Neolitico medio (cultura di Bonuighinu: V millennio a.C.), come testimoniano la necropoli ipogeica nelle cui tombe a grotticella artificiale i defunti erano deposti sul fianco sinistro in posizione contratta, accompagnati da ricchi corredi costituiti da vasi in ceramica, strumenti in pietra (accetta in pietra verde, microliti geometrici in ossidiana) ed osso (punte di zagaglia), e statuine femminili di tipo volumetrico naturalistico.
I defunti erano ornati da collane composte da minute rotelline di clorite e da conchiglie.
Grazie all’habitat lacustre favorevole ed ai prodotti di una prima attività agricola praticata sui fertili terreni circostanti, il sito continuò ad essere occupato anche nelle fasi conclusive del Neolitico superiore (facies di S. Ciriaco: fine V-inizi IV millennio a.C.), nel Neolitico recente (cultura di Ozieri: IV millennio a.C.) e in età eneolitica (facies sub-Ozieri: III millennio a.C.). I villaggi sorti in queste fasi preistoriche sono distinti da capanne parzialmente infossate nel terreno, delimitate e coperte con materiali vegetali.

Le ceramiche provenienti dai fondi di capanna di cultura San Ciriaco sono caratterizzate da impasti in genere depurati, da pareti con spessori relativamente sottili e da superfici per lo più lisciate, levigate e lucide, con colorazioni generalmente uniformi che variano dal nero al rosso-arancio e al bruno-cuoio.

Dal villaggio di cultura Ozieri proviene un ricchissimo campionario di ceramiche, facilmente riconoscibile nella varietà delle forme, dimensioni, tecniche e nella straordinaria fantasia ed armonia delle decorazioni. Sono documentate pressoché tutte le varianti tipologiche, sia tra le forme aperte, sia tra quelle chiuse. Sono realizzati in ceramica anche alcuni oggetti legati alle attività della filatura e della tessitura: fusaiole biconiche e pesi da telaio dalla forma sub-trapezoidale o reniforme.
Dopo un lungo periodo di apparente abbandono, il sito nel Bronzo finale (1200-900 a.C.) fu prescelto dalle comunità nuragiche del Sinis per impiantarvi un tempio a pozzo. Questo, scavato nel 1979, si conserva nell’isolotto risparmiato al centro del canale scolmatore, si compone di cella ipogeica, vano scala e vestibolo, secondo lo schema planimetrico che si osserva negli altri templi a pozzo conosciuti in Sardegna. Nell’edificio veniva praticato il culto dell’acqua sorgiva, simbolo di vita e di fertilità, la quale, filtrando dagli interstizi dei filari inferiori, colmava la cella ipogeica e il vano scala. La stessa sorgente, non sappiamo se protetta o meno da strutture murarie, era stata oggetto di culto nella precedente fase del Bronzo recente (1365-1200 a.C.), cui va attribuito lo strato emerso sotto le strutture del tempietto. Altri nuclei abitativi si formarono a Cuccuru is Arrius in età punica (V-III secolo a.C.) e romana (fine III sec. a.C.-III sec. d.C.). Dal villaggio rurale punico, le cui strutture non sono state identificate, provengono materiali ceramici anche d’importazione, databili tra IV e I sec. a.C.

Nella fase romano-repubblicana (fine III-I sec. a.C.), il tempio a pozzo nuragico fu riutilizzato come sede di un santuario dedicato ad un culto agrario e salutifero. Alla struttura protostorica fu annesso un ambiente cultuale di forma rettangolare, dotato di un altare e di una stipe votiva colmata in un’unica soluzione con terrecotte votive e terra.

In età imperiale (I-III sec. d.C.) fu realizzata, nel settore sud-orientale della collina, una necropoli che ha restituito 55 sepolture. La pratica funeraria prevalente è l’inumazione: i defunti erano deposti, in posizione supina e con le braccia lungo i fianchi o ripiegate al petto, all’interno di semplici fosse scavate nel terreno, in tombe a cassone e all’interno di anfore opportunamente tagliate. Solo in 5 casi è stata documentata la pratica dell’incinerazione, sempre con deposizione secondaria, che prevedeva l’uso di urne cinerarie in ceramica o in piombo. I defunti erano accompagnati da corredi più o meno ricchi, costituiti da manufatti ceramici, da monete ed oggetti d’ornamento.