Cuccuru is Arrius

La prima sezione è dedicata a Cuccuru is Arrius, un grande sito preistorico scavato negli anni 1976-1980 in occasione dell’impianto del canale scolmatore che mette in comunicazione lo Stagno di Cabras con il mare. Le tracce archeologiche più antiche provengono dalla necropoli del Neolitico medio (V mill. a.C.), nelle cui tombe a grotticella artificiale i defunti erano deposti in posizione fetale accompagnati da ricchi corredi costituiti da vasi ceramici, statuine femminili in pietra, monili e strumenti in ossidiana e in osso. Le successive fasi abitative, dal Neolitico superiore alle fasi iniziali dell’Età del rame (fine V-inizi III mill. a.C.), sono documentate da abbondanti materiali, quali ceramiche lisce e con ricche decorazioni incise, oggetti per la filatura e la tessitura, statuine votive in ceramica e in marmo, strumenti in pietra e in rame, tutti recuperati in fosse scavate nel terreno interpretate come fondi di capanna, discariche e depositi di cibo. La frequentazione dell’area in epoca nuragica è attestata dalla presenza di un tempio a pozzo che venne riutilizzato in epoca romano-repubblicana (III-I sec. a.C.) come sede di un culto agrario e salutifero, cui si riferiscono numerose statuine femminili, altri tipi di terrecotte e altri oggetti votivi. I materiali di una necropoli di età imperiale romana (I-III sec. d.C.), con tombe ad incinerazione ed inumazione, riportano alle ultime fasi di vita dell’insediamento.

Sa Osa

Il Museo ospita numerosi materiali provenienti dal sito di Sa Osa, sede di un grande insediamento preistorico e nuragico, frequentato dall’Età del rame (III mill. a.C.) alla prima Età del Ferro (IX-metà VIII sec. a.C.), indagato recentemente, in occasione di lavori stradali effettuati lungo la provinciale Rimedio-Torregrande. Il villaggio è caratterizzato fin dal suo impianto da strutture abitative infossate nel terreno che hanno restituito resti di pasto, ceramiche e strumenti in osso e in ossidiana; per l’età nuragica sono attestate anche capanne dotate di zoccolo murario. Nell’area erano scavati numerosi pozzi nuragici, in uno dei quali, profondo circa 5 metri, sono stati rinvenuti numerosi reperti ceramici, ossa di animali, semi d’uva e di fico. Il sito risulta di grande importanza per aver conservato, grazie all’umidità presente nei pozzi, resti vegetali che insieme alle numerose ossa animali consentono di ricostruire le attività produttive delle genti nuragiche insediate nell’area.

Mont’e Prama

Nel sito di Mont’e Prama fu indagata negli anni ’70 una necropoli nuragica riferibile ad una fase molto avanzata di tale civiltà (950-750 a.C.?). All’interno di una trentina di tombe a pozzetto circolare, coperte da lastroni in arenaria, erano deposti inumati di entrambi i sessi, in posizione seduta o inginocchiata, senza corredi di accompagno. Al di sopra furono rinvenuti oltre 5000 frammenti di un complesso statuario, distrutto intenzionalmente in epoca successiva. Tali frammenti, oggetto di un lungo restauro negli anni 2007-2011, si riferiscono a quasi trenta statue maschili alte fino a 2,50 m, rappresentanti pugilatori, arcieri e guerrieri, oltre che ad almeno sedici modellini di nuraghe, sia del tipo complesso che monotorre. Il Museo di Cabras ospita una selezione di statue maschili e di modelli di nuraghe esposti nell’ambito di una musealizzazione temporanea, articolata nei due poli di Cabras e del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, in attesa che l’ampliamento del Museo di Cabras consenta di riunire tutto il complesso statuario, ad eccezione di alcuni esemplari destinati all’esposizione cagliaritana, in un’unica sede museale.

Tharros

La sezione riservata a Tharros, città fondata dai Fenici tra VIII e VII sec. a.C. e frequentata fino ad età medievale, propone un ampio quadro delle indagini archeologiche condotte dall’Ottocento in poi, in particolare nelle due necropoli fenicie e puniche, nel tofet e nel quartiere metallurgico punico. Le aree funerarie, localizzate a nord e a sud dell’abitato, sono note per le innumerevoli sepolture a fossa e a camera scavate nella roccia, a volte segnalate in superficie da cippi in arenaria; da esse provengono ricchi corredi costituiti da ceramiche, oggetti personali e di ornamento. Il tofet è il tipico santuario dei fanciulli di età fenicia e punica, costituito da un’area a cielo aperto in cui erano deposte migliaia di urne in ceramica, contenenti resti incinerati di bambini e di animali; a queste erano associate centinaia di stele in arenaria, piccoli monumenti votivi spesso raffiguranti in dimensioni ridotte edifici di culto e simboli divini. In prossimità del tofet è stato scoperto negli anni ’80 un quartiere metallurgico di età punica che ha restituito scorie ferrose, boccolari e pareti di fornace che testimoniano un’intensa attività di lavorazione del ferro e del bronzo.

Relitto di Mal di Ventre

L’ultima sezione del Museo ospita i materiali provenienti da un relitto di una nave oneraria romana scoperto alla fine degli anni ’80 nel braccio di mare compreso tra la costa del Sinis e l’isola di Mal di Ventre; il relitto deve la sua straordinaria importanza al carico interamente costituito da circa mille lingotti in piombo, unico caso finora documentato per il mondo antico. I lingotti, del peso di circa 33 kg ciascuno, sono dotati del cartiglio epigrafico che riporta il nome dei produttori, nella maggioranza dei casi i fratelli Caio e Marco della famiglia dei Pontilieni. Presso la nave furono recuperati materiali della dotazione di bordo, tra cui quattro ceppi di ancora e due contromarre in piombo, tre ancorotti, due scandagli, alcune macine in basalto, anfore da trasporto destinate a contenere le scorte alimentari dell’equipaggio, scarsa ceramica d’uso, vasi in bronzo, circa 200 proiettili in piombo e una moneta; appartenevano invece allo scafo numerosi chiodi in bronzo, lastre di rivestimento e un tubo in piombo della pompa di sentina. In collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso e con il CNR di Pisa sono state effettuate numerose analisi sui lingotti che hanno dimostrato l’eccezionale purezza del metallo, proveniente dalle aree minerarie della Sierra di Cartagena, in Spagna, area da cui verosimilmente proveniva la nave, affondata tra l’89 e la metà del I sec. a.C.